La tragedia in scena al teatro Dubrovka

Il 23 ottobre 2002, mentre nel sud della Russia infuriava la seconda guerra cecena, alcuni terroristi armati vestiti completamente di nero, fecero irruzione nel Teatro Dubrovka di Mosca durante una rappresentazione del musical “Nord-Ost” che aveva registrato il tutto esaurito. Chiedendo il ritiro delle truppe russe dalla Cecenia, gli assalitori hanno tenuto in ostaggio 900 persone per tre notti, finché le forze russe non hanno fatto irruzione nel teatro nelle prime ore del 26 ottobre 2002. La reazione degli spettatori all’interno del teatro alla notizia dell’attacco terroristico non è stata uniforme: alcuni sono rimasti calmi, altri hanno reagito in modo isterico e altri ancora sono svenuti. Alcuni artisti che stavano riposando nel backstage sono fuggiti attraverso una finestra aperta e hanno chiamato la polizia; in tutto, circa 90 persone sono riuscite a fuggire dall’edificio o a nascondersi.

Movsar Barayev al teatro Dubrovka

Gli uomini armati erano guidati da Movsar Barayev, nipote del comandante della milizia ribelle cecena ucciso Arbi Barayev.

24 ottobre

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite richiese l’immediato e incondizionato rilascio di tutti gli ostaggi. Il governo russo offrì la possibilità ai terroristi di lasciare la Russia per un altro paese evitando una strage. I sequestratori chiesero inoltre la presenza sul luogo dell’assedio della Croce Rossa Internazionale e di Medici senza frontiere per dirigere le trattative. Il colonnello dell’FSB Konstantin Vasil’ev tentò di entrare nel teatro, ma fu ucciso dai sequestratori non appena si avvicinò all’edificio.

Figure politiche e pubbliche conosciute quali Aslambek Aslachanov, Iosif Kobzon, Irina Chakamada, Boris Nemcov e Grigorij Javlinskij presero parte nelle trattative con i terroristi. L’ex presidente dell’Unione Sovietica Michail Gorbačëv annunciò la sua volontà di intervenire come intermediario nel corso delle trattative. Negoziati per il rilascio di cittadini non russi furono condotte da varie ambasciate e i sequestratori promisero di rilasciare tutti gli ostaggi stranieri.

Secondo quanto affermato dall’FSB, 39 ostaggi furono liberati lo stesso 24 ottobre 2002. I rapitori hanno affermato di essere pronti a rilasciare 50 ostaggi russi se Akhmad Kadyrov, capo dell’amministrazione cecena filo-russa, fosse venuto in teatro, ma Kadyrov non rispose e il rilascio avvenne.

25 ottobre

Durante la giornata furono diverse le persone che presero parte alle trattative con i sequestratori: Sergej Govoruchin, Mark Franchetti, Evgenij Primakov, Ruslan Aušev e Anna Politkovskaja, la giornalista che morì poi in circostanze misteriose nel 2006, già nota per il suo impegno contro la corruzione; i terroristi chiesero di negoziare con tutti i rappresentanti di Vladimir Putin. I sequestratori accettarono di rilasciare 75 cittadini stranieri in presenza dei rappresentanti diplomatici dei rispettivi stati. Tuttavia, le autorità russe insistettero perché i terroristi non separassero gli ostaggi in gruppi di stranieri e cittadini russi. Rilasciarono poi 8 bambini senza condizioni.

Anna Politkovskaja

Un gruppo di medici russi, fra i quali Leonid Rošal’, entrò nel teatro per portare medicine agli ostaggi. Alcuni giornalisti del canale televisivo NTV registrarono un’intervista con Movsar Barayev, dove annunciò che avrebbe potuto rilasciare tutti i bambini entro la mattinata successiva. Barayev continuò tuttavia a sfidare il governo di Mosca: “Non abbiamo nulla da perdere. Abbiamo già percorso 2.000 chilometri venendo qui. Non c’è modo di tornare indietro… Siamo venuti per morire”.

Il nostro motto è libertà e paradiso. Abbiamo già la libertà perché siamo venuti a Mosca. Ora vogliamo essere in paradiso.

Movsar Barayev

Alle 21:55, quattro ostaggi – cittadini azeri – furono rilasciati, portando il numero totale degli ostaggi liberati quel giorno a 19. Secondo quanto stabilito con i sequestratori, i cittadini degli Stati Uniti d’America e del Kazakistan sarebbero stati liberati la mattinata successiva.

Gennadij Vlach, a cui fu presumibilmente detto che suo figlio era fra gli ostaggi, attraversò la piazza correndo cercando di guadagnare l’entrata del teatro. Suo figlio sembra non fosse presente all’interno del teatro, mentre lui fu ucciso dai sequestratori. Dieci minuti più tardi, un altro uomo fu visto dirigersi nella stessa direzione, ma ritornò illeso.

Attorno a mezzanotte, un ostaggio tentò di colpire una donna presente nel commando con una bottiglia. L’ostaggio corse lungo il fondo del teatro in direzione di una delle donne seduta accanto ad un congegno esplosivo. Uno dei membri del commando cercò di colpirlo con un proiettile, mancandolo e ferendo gravemente altri due ostaggi, Tamara Starkova e Pavel Zacharov, che furono evacuati dall’edificio poco dopo

26 ottobre

Durante la notte, Achmed Zakaev fece appello ai sequestratori chiedendo loro di evitare mosse sconsiderate. Due membri delle forze speciali OMON furono feriti da una granata lanciata dall’edificio.

La mattina del 26 ottobre 2002, le forze speciali russe Osnaz dei servizi segreti russi (FSB), con l’assistenza delle unità Sobr del Ministero dell’Interno, avanzarono prendendo d’assalto l’edificio. Membri delle forze mediche presenti sul luogo riportarono che le operazioni di assalto si erano scatenate quando i sequestratori avevano iniziato a sparare sugli ostaggi.

In assenza di una qualsiasi inchiesta successiva, lo svolgersi degli eventi rimane poco chiaro e si basa sulle informazioni ricevute da testimoni oculari.

Verso le 5 del mattino, il riflettore che illuminava l’entrata principale del teatro fu spento. L’ostaggio Anna Andrianova, una corrispondente per Moskovskaja Pravda, chiamò gli studi radio dell’emittente Eco di Mosca e riferì in diretta che le forze avevano iniziato l’operazione di assalto pompando gas all’interno della sala : “Ci sembra che i russi abbiano iniziato qualcosa. Per favore, dateci una possibilità. Se potete fare qualcosa, fatelo! … Non so di quale gas si tratti. Ma vedo le reazioni [dei ceceni]. Non vogliono la nostra morte e i nostri funzionari vogliono che nessuno di noi se ne vada vivo! Non lo so. Lo vediamo, lo sentiamo, respiriamo attraverso i vestiti. … È iniziato da fuori”.

Questo è ciò che il nostro governo ha deciso: che nessuno deve uscire vivo da qui.

Anna andrianova, moskovkaja pravda

Inizialmente si ipotizzò che il gas pompato all’interno dell’edificio fosse un anestetico – più tardi venne riportato essere fentanyl, utilizzato come arma attraverso il sistema di condizionamento dell’edificio. Dopo circa 20 minuti da quando i militari hanno iniziato a immettere la miscela gassosa nell’edificio, una donna uscì dall’entrata principale. A causa dell’accaduto i soldati prolungarono per altri 40 minuti il pompaggio del gas in modo da essere sicuri che tutti i sequestratori fossero addormentati. I ceceni, alcuni dei quali erano dotati di maschere antigas, risposero sparando alla cieca contro le postazioni russe all’esterno. Dopo trenta minuti, quando il gas aveva fatto effetto, iniziò l’assalto fisico all’edificio. Le forze combinate entrarono alle 6 del mattino attraverso numerose aperture del teatro, tra cui il tetto, il seminterrato e infine la porta d’ingresso.

Dopo circa un’ora e mezza di sporadici combattimenti, i soldati delle forze speciali aprirono le porte principali del teatro ed entrarono nell’auditorium freddando i sequestratori ancora presenti ed uccidendo quelli colpiti precedentemente dall’effetto del gas (soprattutto donne con detonatori).

Il combattimento continuò in altre aree dell’edificio per circa 30 minuti. Versioni iniziali sostenevano che tre terroristi erano stati catturati vivi, ma che due di essi fossero riusciti a scappare.

I soccorsi non hanno funzionato

Alle 7:00 del mattino i team di soccorritori iniziarono a portare i corpi degli ostaggi fuori dall’edificio. I corpi furono disposti in file sul marciapiede dell’entrata principale del teatro, esposti a pioggia e neve. In breve tempo, l’intera area fu riempita da corpi di persone morte e da quelle vive ancora prive di sensi a causa del gas. Le ambulanze erano pronte e sono stati fatti arrivare i normali autobus urbani. Gli operatori sanitari si aspettavano di curare le vittime di esplosioni e spari, ma non di un agente chimico segreto.

Alcuni funzionari si recarono dai parenti degli ostaggi comunicando l’assenza totale di vittime fra i sequestrati. Un deputato del ministero per gli affari interni, Vladimir Vasil’ev annunciò che le forze speciali erano state obbligate a scatenare il blitz nel teatro dopo che alcuni ostaggi avevano tentato la fuga.

Il primo report ufficiale che parlava di vittime fra gli ostaggi risale alle 9 del mattino. A dispetto della morte di 5 bambini comunicata dal personale medico, l’annuncio sosteneva la mancanza di bambini fra i deceduti. Le autorità intanto non comunicavano nulla circa l’uso d’agenti chimici nel raid.

Photo credit should read ALEXANDER MEMENOV/AFP/Getty Images

Alle 13:00 Vladimir Vasil’ev comunicò in una conferenza stampa che 67 persone erano decedute, ma ancora non menzionava la morte di alcun bambino. Confermava l’uso di uno speciale agente chimico utilizzato dalle forze speciali e che 30 terroristi erano stati catturati vivi nell’area attorno al teatro e in altre parti della città. Più tardi, il governo affermava che tutti i terroristi erano stati uccisi, inclusa una donna non cosciente uccisa all’esterno del teatro da una donna indossante un’uniforme dell’FSB.

Guardie armate furono assegnate negli ospedali dove le vittime erano state trasportate e ai medici fu ordinato di non rilasciare nessuno dei pazienti provenienti dal teatro per il timore che qualche terrorista si fosse nascosto fra i pazienti. I sopravvissuti furono isolati da ogni tipo di comunicazione con l’esterno e ai loro parenti non fu permesso di entrare negli ospedali; in molti casi il governo rifiutò di informare le famiglie in quali ospedali della zona fossero ricoverati i loro parenti.

Tutti i 40 ribelli e circa 130 ostaggi morirono durante l’incursione o nei giorni successivi. Il dottor Andrei Seltsovsky, presidente del comitato sanitario di Mosca, annunciò che tutti gli ostaggi uccisi durante l’incursione, tranne uno, erano morti per gli effetti del gas sconosciuto piuttosto che per ferite d’arma da fuoco. La causa di morte elencata per tutti gli ostaggi fu dichiarata “terrorismo”, sostenendo che erano morti per attacchi di cuore o altri disturbi fisici. Tra gli stranieri, tre erano ucraini e gli altri cittadini di Austria, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Paesi Bassi e Stati Uniti. Circa 700 ostaggi sopravvissuti sono stati avvelenati dal gas e alcuni di loro hanno riportato ferite che hanno portato a disabilità di seconda e terza classe (secondo il sistema di classificazione delle disabilità russo/ex-sovietico; indica la media e massima gravità e la debilitazione). Anche diversi agenti delle forze speciali russe sono stati avvelenati dal gas durante l’operazione. Secondo la testimonianza in tribunale del Prof. A. Vorobiev, direttore del Centro accademico russo di batteriologia, la maggior parte, se non tutte, le morti furono causate da soffocamento quando gli ostaggi si accasciarono sulle sedie con la testa all’indietro o furono trasportati e lasciati supini dai soccorritori; in tale posizione, il prolasso della lingua causa il blocco della respirazione.

Putin in ospedale dai superstiti dell’attentato al Dubrovka

Il Presidente russo Vladimir Putin ha difeso la portata e la violenza dell’assalto in un discorso televisivo tenuto nella tarda mattinata del 26 ottobre, affermando che il governo aveva “raggiunto il quasi impossibile, salvando centinaia… di persone” e che il salvataggio “ha dimostrato che è impossibile mettere in ginocchio la Russia”. Putin ha ringraziato le forze speciali e i cittadini russi per il loro “coraggio” e la comunità internazionale per il sostegno fornito contro il “nemico comune”. Il 29 ottobre Putin ha rilasciato un’altra dichiarazione televisiva, affermando che: “La Russia risponderà con misure adeguate alla minaccia che incombe sulla Federazione Russa, colpendo tutti i luoghi in cui si trovano i terroristi stessi, gli organizzatori di questi crimini e le loro ispirazioni ideologiche e finanziarie. Sottolineo, ovunque si trovino”. È stato comunemente ipotizzato che Putin stesse minacciando l’ex Repubblica sovietica della Georgia. Il Presidente Putin era insoddisfatto della copertura della crisi degli ostaggi da parte di NTV, l’ultimo canale televisivo nazionale effettivamente indipendente dal governo. Nel gennaio 2003 la direzione di NTV è stata sostituita, con un conseguente profondo effetto sulla sua politica editoriale.

Poco dopo l’assedio, il presidente russo ha registrato un indice di gradimento pubblico record; nel dicembre 2002, l’83% dei russi si è dichiarato soddisfatto del governo di Putin e della sua gestione dell’assedio.

Un’indagine indipendente sull’evento è stata intrapresa dai politici russi  Sergei Yushenkov  e Sergei Kovalev (politico e attivista per i diritti umani russo), dalla giornalista Anna Politkovskaya, dallo studioso dell’Hoover Institute John B. Dunlop e dagli ex ufficiali dell’FSB Aleksander Litvinenko e Mikhail Trepashkin. Secondo la loro versione, l’FSB era a conoscenza dell’arrivo del gruppo terroristico a Mosca e lo indirizzò al teatro attraverso il suo agente provocatore Khanpasha Terkibayev (“Abu Bakar”), il cui nome era nell’elenco dei sequestratori e che lasciò il teatro vivo. Nell’aprile 2003 Litvinenko fornì informazioni su Terkibayev (“il file Terkibayev”) a Sergei Yushenkov in visita a Londra. Yushenkov passò il dossier alla Politkovskaya, che riuscì a intervistare Terkibayev di persona. Pochi giorni dopo, Yushenkov fu assassinato a Mosca con un colpo di pistola. Terkibayev fu poi ucciso in un apparente incidente d’auto in Cecenia.

Aleksander Litvinenko

Nel giugno 2003, Litvinenko ha dichiarato in un’intervista al programma televisivo australiano Dateline che due dei militanti ceceni coinvolti nell’assedio – da lui chiamati”Abdul il Sanguinario” e “Abu Bakar” – lavoravano per l’FSB e che l’agenzia aveva manipolato i terroristi per organizzare l’attacco. Litvinenko ha detto: “Quando hanno cercato di trovare [Abdul il Sanguinario e Abu Bakar] tra i cadaveri in decomposizione dei terroristi morti, non c’erano. L’FSB ha fatto uscire i suoi agenti. Quindi gli agenti dell’FSB tra i ceceni hanno organizzato l’intera faccenda su ordine dell’FSB, e quegli agenti sono stati rilasciati”. “Abu Bakar” (presumibilmente Terkibayev) è stato descritto come agente dell’FSB e organizzatore dell’assedio del teatro anche da Anna Politkovskaya, Alexander Khinshtein e altri giornalisti.

Secondo Anna Politkovskaya, corrispondente della Novaya gazeta, la risposta è sì e la figura chiave di questa oscura operazione è un ceceno che lavora come agente dei servizi speciali russi: Khanpash Terkibaev. Questo misterioso personaggio ha inspiegabilmente accettato di farsi intervistare dalla Politkovskaya. E sebbene da allora abbia smentito le parti più sensazionali del resoconto della conversazione del 28 aprile, lui e l’amministrazione del presidente russo Vladimir Putin non hanno fornito alcuna spiegazione alternativa convincente.

Secondo l’articolo della Politkovskaya, Terkibaev le ha mostrato un documento che lo identifica come corrispondente di “un giornale governativo” (apparentemente Rossiskaya gazeta), ma ha ammesso di non aver scritto per quel periodico. La Politkovskaya ha concluso che questa affiliazione giornalistica è solo una copertura per il vero lavoro di Terkibaev. Il trentenne ceceno le ha detto, ha scritto, che non si presenta nemmeno al lavoro al giornale, ma che in realtà è impiegato nella sezione informazione dello staff del Presidente Putin. Tuttavia, Terkibaev non ha riconosciuto il nome di Igor Porshnev, il capo di quella sezione, quando l’ha nominato. Invece, lo ha citato dicendo che “quando è necessario mi incontro con Yastrzhembsky. Lavoro per lui. Qui c’è una fotografia di noi due insieme”. Yastrzhembsky però, secondo il racconto della giornalista russa, sembrava molto insoddisfatto della foto: era evidente quanto fosse sgradita un’immagine’ del genere e che Terkibaev aveva evidentemente insistito per averla. Terkibaev aveva molte foto: lui insieme ad Aslan Maskhadov, lui e Vakha Arsanov,  e con il magnate Malik Saidullaev. Il problema è che la maggior parte di quelle foto, osservate a occhio nudo dalla Politkovskaya e poi periziate sono risultate dei falsi. Il misterioso uomo ceceno ne era comunque orgoglioso. Per lui era un vanto camminare per la città sapendo (o credendo) di essere uno dei pochi possibili negoziatori per una pace tra Russia e Cecenia. La vita che egli stesso raccontava era piena di accadimenti al limite del cinematografico, tra le molte memorie ci fu anche quella di aver partecipato all’assedio dell’ospedale Budyonnovsk e di aver poi ricevuto un’amnistia nel 2000.

Conosco tutti i ceceni, quindi viaggio in vari Paesi e cerco di convincere tutti ad accettare la pace e l’unità

Khanpasha Terkibayev

“Conosco tutti i ceceni, quindi viaggio in vari Paesi e cerco di convincere tutti ad accettare la pace e l’unità” ha ripetuto Terkbaev quando gli è stato chiesto se conoscesse Movsar Baraev (leader della banda cecena che ha preso in ostaggio il Dubrovka): “Conosco tutti i ceceni”.

Nel suo articolo, Anna Politkovskaya scrive: “È stato proprio dopo Nord-Ost che la carriera di Khanpasha è decollata. Divenne un vero e proprio “compagno d’armi” dell’amministrazione Putin, gli vennero forniti tutti i documenti necessari per permettergli di viaggiare senza ostacoli ovunque fosse necessario e di muoversi tra Maskhadov e Yastrzhembsky. Ha condotto negoziati a nome dell’amministrazione Putin con i deputati del parlamento ceceno, necessari per il sostegno al referendum. Ha garantito a questi deputati l’immunità dai procedimenti giudiziari in caso di visita a Mosca. Khanpash, e nessun altro, ha portato questi stessi deputati a Strasburgo, di fatto come leader del loro gruppo, alle più alte cariche del Consiglio d’Europa e dell’Assemblea parlamentare, dove questi deputati si sono comportati perfettamente sotto la direzione di Rogozin, il presidente della commissione per gli affari esteri della Duma”.

“A quanto pare, Khanpasha è proprio la persona che tutti noi che ci siamo occupati della tragedia di Nord-Ost stavamo cercando da tempo, la persona che ha gettato le basi per questo atto terroristico dall’interno. Secondo le informazioni in possesso del nostro giornale (e lui stesso non lo nega), Khanpash è un agente dei servizi speciali. È entrato in quell’edificio insieme ai terroristi, come membro della loro unità. In segreto, secondo le sue stesse parole, ha fatto in modo che entrassero a Mosca e poi nel teatro stesso. È stato proprio lui ad assicurare ai terroristi che “tutto è sotto controllo”, che “c’è un sacco di gente corrotta”, che “i russi hanno di nuovo accettato tangenti”, proprio come avevano fatto in precedenza per consentire l’uscita da Grozny assediata… che era solo necessario “fare rumore” per produrre “una seconda Budennovsk” e quindi raggiungere la pace e che poi, a missione compiuta, “ci avrebbero permesso di fuggire”, anche se non a tutti”.

Secondo il racconto della Politkovskaya, Terkibaev lasciò il teatro prima che i commando russi lo prendessero d’assalto. Aveva una planimetria dell’edificio, che non aveva nemmeno Baraev, né, all’inizio, i commando stessi. La ragione di ciò, a suo avviso, è che egli faceva e fa parte di quelle forze che si trovano molto più in alto nella gerarchia degli organi speciali rispetto ai semplici commando. Il punto essenziale è che se c’era un agente di questo tipo nel teatro, significa che le autorità sapevano in anticipo dell’azione terroristica e che hanno partecipato alla sua preparazione.

Ma chi tra le autorità lo sapeva in anticipo? Il Cremlino, Putin, l’FSB? “Le nostre autorità non sono un monolite, né lo sono i servizi speciali”, ha scritto. “Non è vero che la maggior parte degli ufficiali che assediavano il teatro fingevano di essere alle prese con questa tragedia e in realtà sapevano che era tutta una montatura”.

Quindi, chi è stato esattamente, dall’alto del governo russo, a dare gli ordini a Terkibaev? A questa domanda, la Politkovskaya non ha mai preteso di conoscere la risposta.

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