Siamo abituati a conoscere il Caucaso come una terra di scontri e traffici illeciti di armi e persone. Lo sguardo di Shamil Basayev, con la barba ispida e il volto pugnace esprime forse al meglio il tono triste e dimesso di una nazione che non ha avuto pace per decine o forse centinaia di anni: la Cecenia.
I russi si ricordano bene di lui. Da militante islamista e leader del movimento ribelle ceceno, Basayev ha condotto per anni la guerriglia contro la Federazione Russa, ha promosso la presa di ostaggi in massa e si autoproclamato emiro con il nome di Abdallah Shamil Abu-Idris diventando persino vice-primo ministro nel governo ceceno guidato da Aslan Maskhadov.
Quando pensiamo agli anni della guerriglia cecena non possiamo far altro che soffermarci a valutare almeno un poco il peso che ha avuto nella spinta all’insurrezione popolare nei confini della nazione caucasica così come a Mosca, con la crisi degli ostaggi al teatro Dubrovka, finita poi in una tragedia.
Durante il fallito colpo di stato militare contro Boris Eltsin nell’agosto 1991, Basayev fu uno dei tanti ceceni che si unirono alle barricate per proteggere il presidente russo. Ma quando Dzhokar Dudayev usò il caos che ne seguì per dichiarare l’indipendenza della Cecenia, Basayev si precipitò nella capitale Grozny per unirsi al nascente stato. Pochi mesi dopo, nel novembre 1991, la Cecenia dichiarò la propria indipendenza. Non era un fatto straordinario, era piuttosto la prassi delle repubbliche ex-sovietiche rivendicare la propria autonomia, immaginando un futuro diverso da quello terminato con Gorbachev. Il 9 novembre Basayev, fu uno dei dirottatori del volo che da da Mineralnye in Russia era diretto ad Ankara in Turchia. Assieme ad altri terroristi, decisero che la Eltsin non poteva invocare uno stato d’emergenza dopo la separazione della Cecenia. Ancor meno doveva ammassare le truppe ai confini. Fortunatamente quella volta tutto si risolse senza alcuna vittima e alcun ferito. L’aereo atterrò e ai dirottatori fu concesso un passaggio sicuro per tornare in patria.

Nel 1992 Basayev prese familiarità con la guerra. Si trasferì in Azerbaigian per combattere al fianco degli Azeri nella ancora interminabile guerra del Nagorno-Karabakh ed ebbe modo di formare il proprio ideale di combattimento, ispirato meno al nazionalismo e più alla jihad, probabilmente sostenuto anche dalla nuova conoscenza del rivoluzionario panislamico Ibn al-Khattab. Ad un certo punto, dopo aver opposto strenua resistenza agli armeni, il ceceno radunò i suoi mujaheddin e se ne andò dal paese. Lo ritroveremo qualche mese più tardi in Abkhazia dove in breve tempo diventò comandante in capo delle forze della Confederazione dei popoli montani del Caucaso. Nel conflitto con la Georgia Basayev iniziò ad assaporare anche le prime vittorie, se non propriamente sul campo di battaglia, almeno per quanto riguardava nella popolarità tra la gente. C’è chi lo accoglieva in modo festoso, chi subiva la pulizia etnica delle sue stesse truppe, chi era pronto a scrivere e affermare che Shamil e suo fratello Shirvani fossero agenti del GRU russo, formati e infiltrati già dal 1991. È opinione condivisa che Basayev avesse ricevuto un addestramento militare da agente segreto russo, doveva farlo per sostenere al meglio l’Abkhazia negli scontri con la Georgia e poteva muoversi liberamente per raggiungere il suo obiettivo. Ma come in ogni storia post-sovietica non è stato mai del tutto verificato o confermato.
Secondo l’ex funzionario dell’antiterrorismo statunitense Paul J. Murphy:
L’intelligence militare russa ha chiuso un occhio sul mandato di arresto per terrorismo contro Basayev nel 1991 per addestrare lui e il suo distaccamento in Abkhazia, e i russi hanno persino aiutato a dirigere le operazioni di combattimento di Basayev. Molto tempo dopo la guerra, Basayev ha elogiato la professionalità e il coraggio dei suoi istruttori russi in Abkhazia – elogi che hanno portato alcuni dei suoi nemici a Grozny, persino il presidente Maskhadov, a definirlo in seguito un “agente del GRU di lunga data”
Paul J. Murphy
Nel 1993 quello che diventerà uno degli uomini più ricercati al mondo, sperimentò le prime efferatezze sul campo di battaglia compiendo crimini di guerra in Georgia, decapitando civili e commettendo altre inumane violenze.
I russi ignorarono le atrocità di Basayev e gli permisero di commetterle senza alcuna punizione.
Ancora Murphy ha scritto che: “Cento soldati georgiani sono stati ammassati nello stadio centrale di Gagra dove sono stati decapitati e le loro teste sono state usate come palloni da calcio in una partita di calcio. Si dice che Basayev abbia bevuto il sangue delle truppe georgiane e che abbia “inventato una nuova forma di esecuzione, la “lingua cecena”, in cui la lingua della vittima viene estratta attraverso una gola tagliata”.
Dopo l’esperienza in Abkhazia si persero le tracce di Basayev. Molti ne confermarono la sua attività e lo descrissero come impegnato nel costruirsi un proprio impero, rubando vagoni di treni e trafficando droga; altri lo collegarono a un intricato scambio di favori con uomini d’affari ceceni che gli avrebbero fatto guadagnare una fortuna. Forse è proprio in questi anni che nasce la sua leggenda criminale, un uomo che ha compiuto atti di efferata violenza si è arricchito, circondandosi di un piccolo esercito di guerriglieri e finanziatori occulti, un uomo senza scrupoli, che ha sostituito l’ambizione dell’ascesa a quella di un controllo sulle vite delle persone prese in ostaggio o fronteggiate, in nome di Allah e della rivolta.

La prima guerra cecena iniziò l’11 dicembre 1994, l’obiettivo dei russi era quello di deporre il governo di Giokhar Dudayev che – senza pensarci troppo – nominò Shamil Basayev come uno dei comandanti di rilievo nel contrastare l’intervento di Mosca, a capo del suo “Battaglione Abkhaz”. Da criminale a “resistente” il passo era stato davvero breve, e l’uomo forte del presidente ceceno dimostrò di essersi guadagnato sul terreno la sua tenacia e la sua tempra, rimanendo a combattere a Grozny quando ormai tutto era perduto, lasciando per ultimo la città quando i russi ormai la stavano conquistando. Basayev fu uno dei più agguerriti difensori della capitale e divenne ben presto un eroe nazionale. Il battaglione Abkhaz, come molti schierati in difesa della capitale e del paese, furono ridotti ai minimi termini in un confronto davvero impari quanto a mezzi e disponibilità logistiche.
Basayev, assieme ad altri comandanti scelse la via della montagna per rimettere insieme i pezzi. Era rimasto senza equipaggiamento e senza uomini, i rifornimenti, quando arrivavano, erano pochissimi. Come se non bastasse, i russi bombardarono la sua città natale uccidendo parte della famiglia, tra cui la moglie e il figlio oltre che la sorella. Non sappiamo se questo evento cambiò la visione della guerra di Basayev, possibilmente peggiorandola, fatto sta che di lì a poco ci sarebbe stato uno dei primi atti terroristici che avrebbero consegnato alla storia il guerrigliero ceceno: la crisi degli ostaggi dell’ospedale di Budyonnovsk il 14 giugno 1995. Fu in quella occasione che venne rubato anche un quantitativo di cesio radioattivo, che fu poi disseminato nei dintorni di Mosca e ritrovato nel novembre successivo.

Gli uomini di Shamil si impadronirono dell’ospedale di Budyonnovsk, a sud della Russia, con all’interno 1600 persone. Ne ricavarono 129 vittime civili e 415 feriti, quando (non sarà l’unico caso) le forze speciali russe cercarono di liberare gli ostaggi con la forza. L’intento di Basayev era quello di fare uscire le truppe russe dalla Cecenia ma non vi riuscì, vi fu tuttavia un negoziato in cui Mosca si sarebbe impegnata nell’avvio di colloqui di pace concedendo ai terroristi – ancora una volta – di tornare in Cecenia per ristabilire la propria salute e la propria forma bellica. Nel 1996 Basayev divenne generale e comandante delle forze armate cecene. La sua azione fu determinante nella riconquista di Grozny; le truppe russe a difesa della città furono sconfitte e Eltsin capitolò assicurando un trattato di pace con cui la Cecenia divenne, ormai allo stremo delle forze, uno stato indipendente. L’ascesa di Shamil ormai era incontrollabile, tanto che si dimise da ogni incarico militare per potersi candidare alle elezioni presidenziali arrivando però secondo, dietro ad Aslan Maskhadov, con il 23,5% delle preferenze, rimanendo – secondo molti – profondamente deluso dal risultato. Un esito che tuttavia lo vide diventare vice-primo ministro ceceno e capo del governo per circa sei mesi in occasione delle celebrazioni per il 200° anniversario del suo omonimo.
Il sodalizio tra primo e vice ministro durò circa due anni. Nel suo periodo governativo Basayev non aveva perso i contatti con finanziatori e trafficanti di armi, aveva mantenuto le mani in pasta ovunque, tanto che venne accusato di corruzione e rapimenti oltre che ad approfondito la sua conoscenza con ambienti della jihad araba come Ibn al-Khattab, vicinanza che lo allontanò da molti ormai ex sostenitori ceceni e soprattutto dal presidente Mashkadov di cui divenne il principale oppositore politico, accusandolo di portare la repubblica verso la Federazione Russa, dimettendosi dalla carica di vice-primo ministro.
Fu la questione del Daghestan a riaccendere la fiamma del conflitto tra russi e ceceni. Basayev fu il primo a raccogliere l’appello del partito Nazione Islamica di Movladi Udugov e promise di “liberare” il paese vicino dallo status di colonia russa, così come aveva fatto con la Cecenia. Alexander Litvinenko (ex agente dei servizi segreti russi poi diventato dissidente e morto avvelenato) sostiene, nel suo libro “Morte di un dissidente” che il vice-primo ministro e il leader islamista avevano un accordo: provocare la Russia, rovesciare Maskhadov e istituire una nuova repubblica islamica orbitante attorno alla Federazione Russa. Boris Berezovsky, oligarca e critico del Cremlino, fu informato direttamente da Udugov della proposta, ma non vide di buon occhio l’idea. Alcuni sostengono che fu Eltsin stesso, per mezzo di Alexander Voloshin a pagare Basayev per organizzare un’incursione in Daghestan, rafforzando l’idea che il ceceno continuasse ad essere un uomo sul campo della GRU russa.

Quello che sappiamo, al di là di ogni sospetto più o meno documentato, è che in Russia la disinformazione ha da sempre giocato un ruolo rilevante non soltanto nello svolgersi delle azioni politiche e forse l’alone misterioso di cui si era ammantato Basayev aveva già raggiunto una dimensione troppo grande per poter rispondere alle logiche condivise del potere e della tattica militare. Di certo nell’agosto del 1999 Basayev e al-Khattab partirono con 1400 uomini per aiutare i wahhabitti del Daghestan nella conquista del paese, per fondare una nuova repubblica fondata sull’islam senza però riuscirci, i russi respinsero senza mezzi termini le loro incursioni.
A settembre vi fu una serie di attentati in diversi palazzi abitati dai russi. La strategia terroristica portò a circa 300 morti e fu subito ricondotta agli ambienti ceceni. A Mosca avevano 3 nomi: Shamil Basayev, Ibn Al-Khattab e Achemez Gochiyaev. I primi due erano i mandanti, il terzo l’esperto di esplosivi.
Basayev negò il suo coinvolgimento negli attentati ai palazzi di Mosca: “Sono stati i daghestani. La Russia ha apertamente terrorizzato il Daghestan, ha circondato tre villaggi nel centro del Daghestan, non ha permesso a donne e bambini di uscire”. Al-Khattab ha detto che gli attacchi erano una risposta a ciò che i russi avevano fatto a Karamakhi e Chabanmakhi, due villaggi dove vivevano i seguaci della setta wahhabita fino a quando l’esercito russo non li ha bombardati.