Che cos’è un genocidio?

La definizione abbastanza stretta di genocidio adottata dalle Nazioni unite nel 1948 elenca tra i possibili atti genocidari, accanto al “killing members of the group, and causing serious bodily or mental harm to members of the group” (“uccidere i membri del gruppo e causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo“), “deliberately inflicting on members of the group conditions of life calculated to bring about its physical destruction in whole or in part” (“infliggere deliberatamente ai membri del gruppo condizioni di vita tali da provocarne la distruzione fisica totale o parziale”). Poco prima, Raphael Lemkin, (foto sotto)cui dobbiamo il termine, aveva notato che “generalmente parlando, genocidio non significa necessariamente indicare l’immediata distruzione di una nazione. Col termine si intende piuttosto un piano coordinato di più azioni teso a distruggere le fondamenta essenziali della vita di gruppi nazionali.”

1. CLASSIFICAZIONE

Tutte le culture e le lingue pretendono delle classificazioni — divisione del mondo naturale e sociale in categorie. Noi distinguiamo e classifichiamo oggetti e persone; tutte le culture hanno categorie per distinguere tra “noi” e “loro”, ”tra i membri del nostro gruppo e gli altri.” Noi trattiamo diverse categorie di persone in modo differente. La classificazione razziale e etnica può essere definita da leggi oltremodo dettagliate. Le società razziste spesso proibiscono le categorie miste e dichiarano illegali i matrimoni misti.

Le società bipolari sono le più avvezze ai genocidi come in Ruanda e Burundi, dove i bambini hanno l’appartenenza etnica dei loro padri: Tutsi o Hutu. Non esistono etnie miste e i matrimoni misti non danno vita a figli di etnia mista.

2. SIMBOLIZZAZIONE

Noi usiamo simboli per attribuire nome e significato alle nostre classificazioni. Chiamiamo certe persone Hutu e altre Tutsi, o Ebrei o Zingari, o Cristiani o Musulmani. A volte i tratti somatici — colore della pelle o forma del naso — diventano simboli per delle classificazioni. Altri simboli, come il modo di vestire o cicatrici sul viso, vengono imposte a livello sociale dai gruppi ai loro membri. Dopo questa fase e le successive di deumanizzazione, organizzazione e polarizzazione, spesso i governi genocidi nella fase di preparazione ordinano ai membri di un gruppo mirato di indossare un simbolo identificativo o abiti distintivi. I Khmer Rossi obbligavano le persone della zona orientare a indossare delle sciarpe a quadretti blu, marchiandoli per istigare il loro trasferimento o l’eliminazione.

3. DEUMANIZZAZIONE

Classificazione e simbolizzazione sono operazioni fondamentali in tutte le culture. Diventano tappe del genocidio solo se combinate alla deumanizzazione . La negazione dell’umanità degli altri è il passo che permette di uccidere senza essere puniti. L’avversione umana ad uccidere un membro del proprio gruppo di appartenenza viene superata dal trattare le vittime come se fossero meno umane. Nell’istigazione al genocidio i gruppi presi di mira vengono chiamati con nomi di animali in senso dispregiativo — la propaganda nazista chiamava gli ebrei “topi” o “vermi”; in Ruanda gli Hutu si riferivano ai Tutsi chiamandoli “scarafaggi”. I gruppi bersaglio sono spesso paragonati a un “morbo”, “microbi”, “infezioni” o a un “cancro” del corpo politico. I corpi delle vittime di genocidio vengono spesso mutilati per esprimere la negazione del loro essere umani . Tali atrocità diventano la giustificazione per la vendetta, perché mostrano in modo evidente che gli assassini sono dei mostri e non degli esseri umani.

4. ORGANIZZAZIONE

Un genocidio è sempre collettivo perché proviene dall’impeto dell’identificazione di un gruppo. È sempre organizzato, spesso dagli stati ma anche da milizie o gruppi ostili. La pianificazione necessaria non è elaborata: il popolo Hindu dava la caccia ai musulmani o ai sikh, sotto la guida di leadears locali. I metodi di uccisione non hanno bisogno di essere complessi: I Tutsi in Ruanda sono stati uccisi a colpi di machete; i Cham musulmani in Cambogia sono stati uccisi a colpi di zappa. L’organizzazione sociale di un genocidio cambia da cultura a cultura. Ha raggiunto la sua forma più meccanizzata e burocratizzata nei campi di sterminio nazisti ma è sempre organizzato, che sia compiuto dalle truppe naziste o dalle interahamwe (truppe paramilitari, in lingua kinyarwanda significa coloro che lavorano insieme) ruandesi. I plotoni esecutori vengono addestrati alle uccisioni di massa, come in Ruanda, e loro istigano gli altri a partecipare diffondendo isteria e superando la resistenza individuale.

Bosnia, genocidio ad opera dei Serbi

5. POLARIZZAZIONE

Il genocidio procede in un cerchio verso il basso di omicidi finché, come un vortice, raggiunge il mulinello degli omicidi di massa. Uccidendo come gruppo si potrebbe provocare la morte di altri. Poiché il massacro è finalizzato alla polarizzazione, l’eliminazione sistematica dei moderati che potrebbero rallentare il cerchio viene sempre contemplata. Infatti i primi ad essere uccisi in un genocidio sono i moderati del gruppo che uccide, coloro che si oppongono agli estremisti: il Direttore della Cote Suprema Hutu e il Primo Ministro in Ruanda, l’Arcivescovo Tutsi in Burundi. Gli estremisti mirano ai leader moderati e alle loro famiglie. Il centro non può sopravvivere perché la parte più estremista subentra polarizzando il conflitto finché gli accordi negoziati non diventano impossibili.

6. PREPARAZIONE

La preparazione del genocidio comprende l’identificazione: sono state scritte liste di vittime, le case sono state marchiate, sono state fatte mappe, gli individui sono stati obbligati a portare una carta d’identità che indicasse la loro etnia o il gruppo di appartenenza religiosa.

7. STERMINIO

La settima fase, la soluzione finale, è lo sterminio. È considerato sterminio, e non omicidio, perché le vittime non sono considerate umane. Loro sono vermi, topi o insetti. Le uccisioni vengono descritte attraverso eufemismi di purificazione: “pulizia etnica” in Bosnia, “massacro di topi” in Algeria. I membri individuati di gruppi diversi vengono uccisi, spesso anche i bambini perché non vengono considerati persone e i loro corpi vengono mutilati, sepolti in fosse comuni o bruciati come immondizia.

8. NEGAZIONE

Ogni genocidio è seguito da negazione. Le fosse comuni vengono trovate e poi nascoste. Le tracce storiche vengono bruciate o riservate agli storici. Durante il genocidio, chi commette crimini confonde perfino i verbali con la propaganda. In seguito poi, come i negazionisti vengono chiamati “revisionisti”, altri negano attraverso significati più sottili: attraverso la caratterizzazione dei rapporti come “non attendibili” o “presunti” perché non provengono da fonti approvate ufficialmente; minimizzando il numero delle vittime; discutendo riguardo al fatto che la definizione legale di genocidio sia adatta o meno alle uccisioni; sostenendo che le morti del gruppo carnefice superano quelle del gruppo delle vittime, o che le morti sono il risultato di una guerra civile e non di un genocidio. Di fatto guerra civile e genocidio non si escludono a vicenda, molti genocidi avvengono durante le guerre ma non possono essere confuse.

Nel diritto internazionale

Il concetto di genocidio ha avuto origine nel diritto internazionale con l’adozione della Convenzione sul genocidio del 1948.

La Convenzione è stata raffermata all’unanimità dalla Risoluzione 260 A (III) dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 9 dicembre 1948 ed è entrata in vigore il 12 gennaio 1951.

La Convenzione sul genocidio è la prima convenzione sui diritti umani adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Subito dopo, la Dichiarazione universale dei diritti umani è stata votata e ratificata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.

La ratifica unanime della Convenzione sul genocidio rivela l’aspirazione comune della comunità internazionale e l’importanza che essa attribuisce alla prevenzione del genocidio per non rivivere le sofferenze della Seconda guerra mondiale.

Attualmente sono 152 gli Stati che aderiscono alla Convenzione, alla quale anche il nostro Paese ha aderito dal 1951.

Il crimine di genocidio è definito nel secondo articolo della Convenzione. Secondo questo, il genocidio è definito come: “uno qualsiasi dei seguenti atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, in quanto tale :

  1. uccisione di membri del gruppo;
  2. Colpevolizzare gravemente i membri del gruppo; .
  3. Infliggendo deliberatamente al gruppo condizioni di vita calcolate per portarlo alla distruzione fisica in tutto o in parte;
  4. Imporre misure volte a impedire le nascite all’interno del gruppo;
  5. Trasferire con la forza i bambini del gruppo a un altro gruppo.

Come si può capire dal secondo articolo, per considerare il crimine di genocidio è necessaria la presenza di elementi materiali e morali.

Elementi materiali: (Gli atti qui elencati sono limitati. In altre parole, atti diversi da questi non costituiscono l’elemento materiale del crimine di genocidio).

  • Uccidere membri del gruppo;
  • causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo;
  • infliggere al gruppo condizioni di vita tali da provocarne la distruzione fisica, totale o parziale;
  • Imporre misure per impedire le nascite all’interno del gruppo;
  • trasferire con la forza i bambini del gruppo a un altro gruppo.

Elemento morale: L’elemento morale del crimine di genocidio è l’intenzione. D’altra parte, per garantire l’elemento morale, l’autore deve avere un intento speciale (dolus specialis) di distruggere un gruppo, in tutto o in parte.

L’elemento fondamentale che distingue il genocidio dagli altri crimini è che le vittime sono prese di mira non individualmente, ma perché membri di un particolare gruppo.

Gli atti punibili sono enumerati nel terzo articolo della Convenzione e sono:

  • Genocidio;
  • Cospirazione per commettere genocidio;
  • Istigazione diretta e pubblica a commettere genocidio;
  • Tentativo di genocidio;
  • Complicità nel genocidio.

L’articolo 6 della Convenzione stabilisce che le persone accusate di genocidio o di uno degli altri atti elencati nell’articolo 3 saranno giudicate da un tribunale competente dello Stato sul cui territorio è stato commesso l’atto, o da un tribunale penale internazionale che abbia giurisdizione nei confronti delle Parti contraenti che abbiano accettato la sua giurisdizione.

Oggi il crimine di genocidio è descritto come “il crimine dei crimini”. Con questo concetto si sottolinea sia la necessità di punire questo crimine nel modo più severo sia il fatto che non tutti gli atti che costituiscono un crimine possono essere inclusi in questo ambito.

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