La Canzone Popolare

Avere 40 anni è come trovarsi in bilico tra un’esistenza che non ti appartiene più e un’altra che vorresti far nascere di nuovo, soprattutto per vedere come potresti diventarne personaggio principale, facendo saltare tutte le regole che ti eri imposto fino a poco fa.

Ma ci si riesce davvero? È quello che sembra chiedersi Nicolas Mathieu nel suo nuovo romanzo, dove Hélène, insoddisfatta della propria ordinaria vita di successo, con figli, marito e responsabilità aziendali, cerca una via di uscita. È sempre stata brava Hélène nell’affrontare la vita seguendo al massimo le proprie aspirazioni, fuggendo da una realtà provinciale per concretizzare la propria irreprensibile carriera scolastica.

Christophe invece ha da poco superato i quaranta, era molto bravo nello sport e non ha mai abbandonato il piccolo centro in cui lui ed Hélène erano cresciuti, vende cibo per cani, ha un padre, un figlio e qualche amico che per lui sono quasi più importanti di una famiglia, o forse sono la sua vera famiglia. Non ha mai fatto nulla di eclatante per cambiare la sua routine, eppure è convinto che il destino potrebbe riservargli ancora qualche sorpresa.

Sin dai primi capitoli sappiamo che Hélène e Christophe sono destinati ad incontrarsi, loro, così diversi, così lontani e così vicini, in un turbinio di amicizie e conoscenze comuni che passano dalle scuole superiori sino alla vita più adulta. La loro canzone popolare, fatta di voci adolescenziali e musica anni ’90, forse è ancora attuale, almeno per fare da contorno ad una storia che ci accomuna: la paura di sbagliare e la fiducia che andrà comunque tutto bene; la tenerezza di un incontro e l’assoluta distanza di un arrivederci.

Un libro profondo, semplice, nostalgico, ma soprattutto reale.

Pensare

“Penso che ci dovrebbero sempre essere individui indipendenti che si sforzino, per quanto ciò possa sembrare donchisciottesco, di far cadere un paio di teste, di distruggere allucinazioni, falsità e demagogie, di restituire complessità al mondo, contrastando l’inevitabile tendenza alla semplificazione. Ma la cosa più terribile per me sarebbe accorgermi che sono ancora d’accordo con quello che ho già scritto e detto – è la cosa che mi renderebbe più infelice, perché vorrebbe dire che ho smesso di pensare.”

Susan Sontag, Odio Sentirmi Una Vittima, Il Saggiatore 2016

Sembrare una fotografia

Alise comportava, inoltre, un foulard di seta di un verde intenso e capelli biondi straordinariamente folti, che incorniciavano il viso con una massa fitta fitta di riccioli. Alise guardava attraverso due occhi azzurri spalancati, e una pelle fresca e dorata segnava i confini del suo volume. Possedeva braccia e polpacci tondi, una vita sottile e un busto così ben disegnato da sembrare una fotografia.

Boris Vian, La schiuma dei giorni (pp.27-28). Marcos y Marcos.

I vicini che non capiscono

“Una piccola chiesa dove si canta in un’altra lingua; una pietanza che si prepara da diversi secoli in decine di case nei dintorni, un piatto che, forse, è l’unico ricordo di quel lungo viaggio dalle montagne innevate che un tempo avevano intrapreso gli antenati; un mestiere arrivato da una patria lontana; delle parole in un’altra lingua ascoltate durante l’infanzia, che i vicini non capiscono”.

Olesja Jaremčuk, Mosaico Ucraina, 2022 – introduzione